precari/e in formazione.

UN PRIVATO CHE FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI

Posted: Aprile 30th, 2010 | Author: | Filed under: eventi | 2 Comments »

di             Marco Castelli 
 
 La privatizzazione dell’acqua in atto in Italia e’ il risultato di un’elaborazione culturale precisa, di lungo corso e sottende ad una determinata visione politica, come si può ben rintracciare analizzando l’evoluzione del quadro legislativo degli ultimi 20 anni. Il primo intervento del legislatore, volto a modificare il precedente assetto delle municipalizzate- in vigore dal 1903- a gestione totalmente pubblica/locale, e’ la legge142/90 che apre la prima breccia definendo come possibili forme di gestione le S.P.A.  a prevalente capitale pubblico. Ora,sebbene la S.PA. a totale capitale pubblico possa apparire in contrasto con un disegno di privatizzazione, questa norma  rappresenta invece solo il primo passo. Si cancellano infatti consorzi e aziende speciali degli Enti Locali mentre l’unica forma societaria consentita rimane la S.P.A-dunque l’acqua entrava in Borsa. Inoltre ,al pari di una qualsiasi azienda privata, la S.P.A. viene definita come società commerciale di diritto privato e il suo fine diventa produrre utili .

 Di fatto, già nel 1990,si introducono meccanismi di governance orientati secondo le logiche privatistiche del mercato e del profitto, sottoponendo la gestione del servizio pubblico a stress da competizione e esasperazione da target finanziari. Il dado e’tratto:l’acqua non e’più concepita come bene comune ma come bene economico su cui,dunque,e’permesso fare profitto e speculare in borsa. Intanto, si e’creato il cavallo di Troia,la base su cui realizzare quel processo di privatizzazione che dagli anni ’90 arriva fino ai giorni nostri e al Decreto Ronchi.

Due anni dopo, la legge 498/92 abolisce il vincolo della proprietà a maggioranza pubblica . Si crea un nuovo mostro giuridico:il Partenariato Pubblico-Privato. Secondo i suoi sostenitori, esso costituirebbe una forma di gestione efficace,in quanto capace di coniugare la superiorità( dimostrata da chi?,ndr) della gestione privata con la necessità del controllo pubblico,visto l’ “interesse economico generale del servizio erogato”. Dunque il pubblico dovrebbe controllare il privato e dettarne insieme le strategie aziendali. Ma le Assemblee Elettive degli Enti Locali vengono da subito espropriate di ogni strumento decisionale,rese prive dell’informazione necessaria per esercitare i poteri di indirizzo e di controllo; spesso troppo piccoli per esercitare massa critica, strangolati sempre più da indebitamento e vincolati da parametri finanziari come il Patto di Stabilità, i comuni finiscono così per “appaltare” alla multinazionale di turno o alla multi – utility di destra e/o di sinistra gran parte delle attività produttive dell’economia,della politica locale nonché settori fondamentali del welfare territoriale.

La parte pubblica dell’azienda si indebita,o meglio si fa carico del debito prodotto dai privati, attraverso il ricarico sulla bolletta dei costi di gestione dell’impresa;la parte privata,invece,si rafforza,godendo spesso di posizioni di rendita e/o di monopolio sul mercato e di consenso politico attraverso  il perverso intreccio tra affari e politica che  produce nomine,spartisce incarichi,moltiplica e frammenta le competenze e si assicura,appunto, la subalternità pubblica rispetto alle scelte del management aziendale.

 La legge Galli del 1994 non fa che amplificare questo processo di privatizzazione e  prefigura un’amministrazione imprenditoriale del servizio secondo logiche neo-liberiste: si afferma l’obbligo per il gestore dell’equilibrio economico-finanziario di gestione, si introduce il principio del “full recovery cost”:cioè il recupero totale dei costi degli investimenti che ricade sul prezzo delle tariffe e dunque sulla collettività. Ma soprattutto si prevede che all’interno dei costi da coprire venga garantita una quota adeguata da destinarsi alla remunerazione del capitale investito, il che significa sostenere pubblicamente(con i soldi delle bollette) i profitti dei privati. Sul versante degli standard di qualità e di sicurezza lavorativa ed ambientale, la legge Galli permette un ampio margine di discrezionalità alle Regioni;via convenzioni privati-enti locali,si sarebbero poi recepiti gli obblighi di legge.

Va comunque riconosciuto al legislatore il merito di aver riorganizzato il servizio idrico integrato. Fino a quel momento vi era un forte spezzettamento dei gestori del servizio:uno spezzettamento che portava alla presenza di un numero di gestori superiore a quello dei comuni. Di fronte a questo stato di cose, la Legge 36/94 ha introdotto "il concetto di ciclo integrato dell’acqua e quindi la necessità di un unico gestore per l’intero ciclo. A questo fine ha individuato gli Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) in corrispondenza (almeno in linea teorica) dei bacini idrografici (in realtà sono stati ricalcati i confini amministrativi). Nel 2000-sotto il secondo Governo di Centro-sinistra- e’ arrivato il Tuel, il Testo Unico Enti locali che ha previsto tre modalità di affidamento per la gestione del servizio idrico:

  1.  
    1. alle Spa private scelte con gara;
    2. alle Spa miste pubblico-private;
    3. alle Spa pubbliche tramite affidamento diretto.

 

Di queste tre forme,le prime due prevedono la presenza totale o parziale del capitale privato. E per quanto riguarda la terza, anch’essa e’a tutti gli effetti un soggetto di diritto privato votato alla creazione di utili.

Da ultimo: anche se in molti casi le gare non si sono svolte, nel Tuel e’ rimasta, se pure in parte residuale, la possibilità di gestire l’acqua attraverso enti di diritto pubblico. 

Arriviamo così al DECRETO RONCHI (135/2009)approvato mediante ricorso alla fiducia dal Governo Berlusconi il 18 novembre scorso. Questi i punti salienti:

Entro il 31/12/2010 le società attualmente municipalizzate debbono trasformarsi in S.P.A.

Le municipalizzate attualmente collocate in Borsa debbono cedere almeno il 70% del proprio capitale sociale a gestori privati.

  1.  
    1. Le società partecipate possono mantenere contratti stipulati senza gara formale fino alla scadenza nel caso in cui le amministrazioni cedano loro almeno il 40% del capitale. Di fatto,con il provvedimento vengono rese obbligatorie le gare per l’affidamento dei servizi da parte degli enti locali e si vieta, salvo per casi eccezionali, l’assegnazione diretta a società prevalentemente pubbliche e controllate in maniera stringente dall’ente locale affidatario. 

Da rilevare come il processo di privatizzazione riguarda tutti i servizi pubblici locali escluso il gas ma compresi,ad esempio, i rifiuti,le farmacie comunali,il trasporto ferroviario regionale.

Ma zone d’ombra,o meglio: zone grigie aleggiano sul decreto. Il giornalista di Rai 3,Riccardo Iacona, nella puntata “Acqua Rubata” ne mostra almeno tre.

Il primo: perché un comune dovrebbe mettere a gara a vantaggio di un gestore privato il proprio servizio idrico: e se il servizio pubblico e’ soddisfacente e funziona( come a Milano e in Lombardia, che e’totalmente pubblico e si pagano le tariffe più basse d’Italia  a fronte di una qualità d’eccellenza)?

Poi si dirà: ma Milano e la Lombardia sono due esempi felici ma singolari di pubblico virtuoso inseriti in un contesto di sprechi diffusi; tuttavia, analizzando il privato nell’acqua in Italia, notiamo che dove si e’optato per questo modello sono stati ottenuti a parità di costi/investimenti/benefici risultati spesso inferiori a molte gestioni pubbliche; e poi: quali regole disciplinano gli standard e i livelli di qualità che il privato deve raggiungere per aggiudicarsi le gare?

Non e’chiaro neanche se il pubblico può presentarsi alle gare;ma, qualora le vincesse,la società pubblica dovrà co-abitare nella gestione del servizio con la contro-parte privata,dato che il decreto impone alle ex-municipalizzate di avere una quota di azionariato privato non inferiore al 70%?

Infine,emerge un problema di conflitto di competenza: può effettivamente il Governo legiferare su una materia concernente i servizi (ex-) pubblici locali? Oppure, questi ricadono sotto la giurisdizione delle singole Regioni? 

LE PRIVATIZZAZIONI ATTUATE E IN CORSO REGIONE PER REGIONE 

La prima regione italiana a sposare la privatizzazione dell’acqua e’ stata la Toscana. 

Siamo ad Arezzo:comune di centro-sinistra/provincia di centro-sinistra/regione di centro-sinistra,dunque.  E’ il 1999 quando 37 sindaci dell’ Ato 4 scelgono di affidare la gestione del servizio idrico alla società Nuove Acque s.p.a.(capitale pubblico: 54%+soci privati come GDF-SUEZ,le municipalizzate di Genova e Torino AMGA s.p.a e IRIDE s.r.l e le due banche: MPS e Banca Popolare dell’ Etruria). Come sempre,la decisione viene giustificata dalla necessita’ di reperire ingenti risorse finanziarie per gli interventi di infrastrutturazione e manutenzione della rete, “che solo i privati ovviamente possono avere,visto e considerato il perenne indebitamento degli enti locali”. L’ingresso del privato avrebbe poi portato nuove competenze alla società e lo statuto di diritto privato alleggerito l’intera struttura burocratica secondo parametri più adatti alla gestione di un servizio di carattere industriale come quello idrico. Non c’era di che preoccuparsi: “tanto il pubblico vigilava e avrebbe avuto potere di controllo e decisione sul management aziendale”. Fin qui la teoria di scuola. Ma cosa si e’ realmente  verificato di tutto ciò?

Le tariffe aretine sono le più alte di Italia. Anche perché vengono determinate in modo illegittimo: nel 1999 l’ Ato stabilì la tariffa media applicabile senza considerare la quota fissa;negli anni successivi l’incremento si e’ aggirato sul 6,5% annuo, cifra che rappresenta tra l’altro il massimo ricavo possibile secondo la legge,almeno fino al 2015 compreso.

Per quanto riguarda il controllo pubblico, basti dire che il soggetto privato,pur essendo minoritario,detiene tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione della società e ha il diritto,così come sancito dai patti  costitutivi para-sociali di Nuove Acque,di nominarne l’Amministratore Delegato.

Capitolo investimenti. L’importo totale previsto dal piano economico finanziario 2003-2023 è di circa 25 euro pro-capite per anno. A fronte di una media nazionale calcolata nel periodo 1985-1998 di quasi 31 euro pro-capite l’anno.

E il know how assicurato dalla nuova gestione privatistica?  Esternalizzato sul pubblico,che per corsi di aggiornamento e formazione professionale ha sborsato qualcosa come 1,269 milioni l’anno. Lo scandalo più clamoroso  tuttavia riguarda il rapporto costi-benefici. Qui si scopre-dati relativi al quinquennio 2000/2005- che a fronte di un consumo sostanzialmente stabile di acqua(da 16,550 a 16,705 milioni di metri cubi venduti, +0,9% ) c’è stato un incremento dei ricavi pari al 50,4%. Quando si dice privatizzare i profitti,socializzare le perdite…. 

Se ci spostiamo nel Lazio,le cose non appaiono migliori. Per la gestione del servizio idrico la Regione e’ suddivisa in 5 ambiti territoriali ottimali. Di questi,soltanto l’ Ato 1(Lazio Nord-Viterbo) adotta la gestione in house. Per il resto,le acque laziali sono il bacino di potere di Acea.

E’ il 1998 quando il Comune di Roma- di centro-sinistra,regione di centro-sinistra,governo di centro-sinistra-trasforma la municipalizzata pubblica in una società per azioni. Nel giugno del 1999 il 49% delle azioni viene collocato in Borsa, del gruppo fanno parte due grossi investitori privati. Il primo è la francese Suez Gdf, che controlla quasi il 10% delle azioni ed esprime due consiglieri di amministrazione; il secondo è  Francesco Gaetano Caltagirone(  re del mattone e degli affari        di Roma ).[ ndr: e’ notizia di qualche giorno fa che l’imprenditore romano ha aumentato le proprie quote dal 8,9 al 10% superando così i francesi e ponendosi come primo partner privato del Comune di Roma].

Dal 2003 al 2008 Acea ha incassato una cifra totale di 404,3 miloni di euro; e questo soltanto per quanto concerne la remunerazione degli investimenti, ovvero soldi che con la gestione pubblica sarebbero andati – a parità di tariffa – in acquedotti e impianti. Ma quanti sono gli investimenti effettivamente realizzati da Acea dal 2003 al 2008? Di poco superiori, 421,8 milioni di euro. Eppure all’anno zero della gestione, ovvero il 2003, nella contabilità dell’Ato2, risultava un capitale investito di 894,3 milioni di euro. Dove sono questi 400 milioni di euro di differenza? Per cercare la risposta dobbiamo tornare al 2002, all’anno in cui l’assemblea dei Sindaci della provincia di Roma affidò -senza gara – il servizio ad Acea. Da questi 900 milioni vanno sottratti la proprietà delle reti e degli acquedotti che per legge rimane intestati ai comuni,gli investimenti in Borsa,i costi del management e dei beni immobili. Dunque per gli investimenti diretti rimane solo meta’ del capitale,il resto e’ frutto di rendite patrimoniali e speculazione finanziaria che per Acea s.p.a. vale quasi quanto il fatturato della parte attiva della società.  

Nella Provincia di Latina comanda invece Acqualatina s.p.a. un coacervo di multinazionali straniere e potentati locali-che formalmente detengono il 51%della proprietà. Da sempre ai vertici di Acqualatina ci sono quattro persone. Raimondo Besson e Louis Marie Pons espressi dalla parte privata; Claudio Fazzone e Giuseppe “Pino” Simeone (ex Assessore provinciale all’ambiente di Latina) entrambi di Forza Italia. Ras del PDL, ex-autista del Ministro dell’Interno Nicola Mancino,Fazzone è colui che ha premuto per non sciogliere il Comune di Fondi per infiltrazioni della camorra oltre ad essere in predicato di un posto all’ Assessorato alla Sanità della nuova Giunta Polverini. Con Acqualatina ha costruito una fitta rete di clientele ,una macchina politica fatta di consigli di amministrazione e consulenze esterne il cui costo di mantenimento finisce per ricadere sulle tasche e la qualitaà del servizio offerto ai cittadini. Secondo i calcoli del locale Comitato acqua pubblica gli aumenti sono arrivati a toccare il 92%. Dal 2002 ad oggi l’amministrazione Acqualatina può vantare i seguenti record:  

triplicazione del costo medio del servizio ;

dissesto finanziario della società ;

contenziosi legali aperti con Comuni, Enti, Associazioni, Cittadini ;

investimenti sulla rete pressochè insignificanti ;

dispersione idrica al 60% ;

accensione di un mutuo- non si conosce con quali garanzie (pegni sulle quote azionarie dei Comuni, cioè dei cittadini? Ipoteche? Pegni sui flussi di cassa?)- di ben 114milioni e 500mila € con la banca irlandese-tedesca DEPFA Bank con il reale rischio che il servizio idrico della Provincia finisca sotto la “tutela” di una grande banca privata estera. 
 

In Sicilia invece il business dell’Acqua se l’ è garantito la Girgenti Acque S.p.a.

Una grave esposizione debitoria, con il rischio di una nuova procedura fallimentare. E’ questa la situazione in cui si dibatte la società che gestisce il servizio idrico  secondo quanto e’ emerso dall’audizione, in commissione bilancio all’ ARS ( Assemblea Regionale Sicilia), del responsabile Albani, da parte dei parlamentari Giovanni Panepinto e Giacomo Di Benedetto. 

Sulla gestione dell’acqua ad Agrigento la società Girgenti acque SPA non è stata trasparente e non ha fatto mai chiarezza:

· Non ha mai comunicato i programmi, i progetti ed i tempi per la realizzazione del promesso rifacimento della rete idrica della città di Agrigento; 

·Non ha mai portato a conoscenza dei cittadini gli accordi stipulati con gli enti erogatori e se è stata richiesta ed ottenuta la garanzia della fornitura costante del quantitativo d’acqua da destinare alla città di Agrigento; 

·Non ha mai comunicato quale sarà il costo dell’acqua e se ci saranno risparmi od incrementi del costo rispetto alla gestione comunale; 

· Non ha mai chiarito se risulta vero che sussistono difficoltà, intralci e gravami burocratici per i nuovi allacci e le volture dei contratti idrici; 

· Non ha mai chiarito se esistono costi aggiuntivi rispetto alla gestione comunale, la natura di tali costi e se detti costi saranno ribaltati sull’utenza. 

Ormai emerge chiaramente un dato: ovunque, con l’affidamento della gestione del servizio idrico ai

privati, ci sono stati aumenti tariffari senza che siano stati effettuati gli interventi per manutenzione e nuove infrastrutture che erano stati inseriti nei programmi.per i contraenti di parte pubblica (ma il contratto non l’ha letto ancora nessuno!) per la realizzazione di interventi sulla rete … 

 GLI INTERESSI DELLE GRANDI MULTI-NAZIONALI 
 
 

I "giganti dell’acqua" sono soprattutto due francesi: la Vivendi, ex Générale des Eaux( oggi VEOLIA), e la Ondeo, ex Lyonnaise des Eaux. Vivendi-Veolia è il più importante operatore nel settore dell’acqua ma ha interessi anche in altri settori: ambiente, energia, nettezza urbana, trasporti, telecomunicazioni (ha acquistato recentemente l’americana Universal Picture e Canal +). Il suo fatturato annuo ammonta a più di 150 miliardi dei vecchi franchi francesi e impiega più di 140.000 persone.  
La Ondeo mira a scalzare la consorella francese e ha un ruolo internazionale di tutto rispetto: è già presente in circa 20 paesi e nel 1997 gestiva il servizi idrico in 14 grandi città, tra cui Manila, Budapest, Cordoba, Casablanca, Giacarta, La Paz, Postdam, Indianapolis.  
In Gran Bretagna la privatizzazione dell’acqua è stata introdotta con la Thatcher nel 1989 e le grandi imprese britanniche, in particolare la Seven-Trent e la Thames Water, operano anch’esse a livello internazionale. In Germania è la multi-utility RWE a farla da padrona.  
A Parigi, dove la privatizzazione si configura come delega della gestione di un servizio pubblico a un’impresa privata, si è avuto un aumento medio del prezzo dell’acqua del 154%; gli utili delle imprese sono lievitati al 60-70% . Si aggiunga la scarsa trasparenza delle concessioni con il relativo incremento delle occasioni di corruzione.  
Nel Regno Unito la privatizzazione prevede l’esproprio di un bene comune e le imprese hanno fatto registrare utili esorbitanti, per cui si è escogitata una tassa straordinaria. In altri paesi i costi dell’acqua sono diminuiti per i ricchi e aumentati per i poveri: è il caso di Manila, capitale delle Filippine. 
 

Un business connesso con la politica dell’acqua è la costruzione di dighe. Il maggior numero di esse è in Cina, negli Stati Uniti, nell’ex Unione Sovietica, in Giappone e in India.  
La costruzione di queste opere gigantesche comporta l’allontanamento di un gran numero di persone (si parla di 30-60 milioni), danni irreversibili all’ambiente, grossi rischi come le inondazioni catastrofiche degli ultimi mesi in Cina, pochi vantaggi effettivi e grandi profitti per i costruttori.  
Nel quadro dei programmi delle Nazioni Unite di aiuto ai paesi sottosviluppati, i lavori delle grandi dighe vengono finanziati dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale e sono affidati alle imprese multinazionali americane, europee e giapponesi che traggono profitti dalla costruzione, dalla gestione e dalla consulenza, con il risultato che le popolazioni locali spesso risultano più indebitate di prima. 
La consapevolezza di questi rischi ha suscitato movimenti di opposizione alla costruzione di "grandi dighe", che sono riusciti ad ottenere risultati significativi. È il caso dell’India dove si è riusciti a bloccare la costruzione della diga di Narmada, finanziata dalla Banca mondiale.  
 
Uno dei prodotti più reclamizzati dalla stampa e dalla televisione è l’acqua minerale, presentata come la quintessenza della natura incontaminata, un rimedio per tutti i mali, una bevanda miracolosa, indispensabile per coloro che vogliono essere "puliti dentro e belli fuori", "attivi e vitali", come i non sempre in forma calciatori della Nazionale.  
In realtà l’acqua in bottiglia non sempre è migliore di quella del rubinetto e in ogni caso è il grande business di imprese multinazionali, con in testa la Nestlé e la Danone, che si presentano come produttori e distributori dell’"acqua della salute", dei veri e propri benefattori dell’umanità, beninteso di quella parte dell’umanità che può comprare le loro meraviglie. E in questa corsa all’acqua più pura, più benefica, più miracolosa, si dà ampio spazio a trovate pubblicitarie che spesso vanno a segno. L’anno scorso è stata messa in vendita l’aqua borealis ricavata dagli iceberg, "la più pura del mondo", a 10 dollari la bottiglia. La trovata dell’estate scorsa è stata la Cloud Water, l’acqua delle nuvole: in Francia veniva venduta a 35 franchi la bottiglia. La pubblicità e’ il veicolo fondamentale per spingere al consumo a pagamento di acqua già’ disponibile gratuitamente, e negli ultimi 15 anni i consumi sono saliti circa dell’80% e nello stesso periodo e’ quadruplicato l’investimento pubblicitario oltrepassando i 380 milioni di E., sponsorizzazioni a parte (2005). Numerose sono state le condanne, come quella, ad esempio, sull’ acqua che fa dimagrire. Si parla sempre più spesso di "guerra dell’acqua" e si indica nella penuria d’acqua, cioè nella scarsità dell’offerta e nell’incremento della domanda, la ragione di questa guerra.  
Indubbiamente l’acqua gioca un ruolo importante nei conflitti in atto, per esempio nel Vicino e Medio Oriente e in Africa, ma questo non vuol dire che la guerra è causata unicamente dalla volontà di appropriazione di una risorsa come l’acqua. Altrettanto si può dire per l’acqua dei bacini del Tigri e dell’Eufrate e per i conflitti tra Turchia, Iraq, Siria e Iran. 
L’ex segretario della Nazioni Unite  Boutros Ghali ebbe a dire che se dovesse esserci una terza guerra mondiale questa sarebbe legata al problema dell’acqua.
 

PER UN CONSUMO CRITICO 

Il consumo di acqua minerale in 20 anni e’ aumentato di oltre il 2.000 % e il consumo annuale di un italiano medio e’ di 194 litri, contro la media mondiale di 20 litri e la media europea 100. Siamo quindi degli ottimi consumatori di acqua in bottiglia. Altri dati per alimentare i neuroni: il consumo mondiale annuale e’ di 154 mld di litri per una spesa di 100 mld per produrre la plastica usata per le bottiglie 81 mln di litri di petrolio/anno. 

Quanto costa all’ambiente. 
 
* 600 mld di litri d’acqua/anno per produrre la plastica delle bottiglie = 2.5 mln di tonnellate di plastica; 
per trasportare 10.000 bottiglie da 1.5 litri un camion consuma 1 litro di gasolio ogni 4 Km; 
* ipotizzando una percorrenza di 1.000 km = consumo 250 litri di gasolio = 25 cm cubi di gasolio per ogni bottiglia; 
* moltiplicando 25 cm cubi di gasolio per 126 (nr bottiglie che consuma mediamente ogni anno un italiano) = 3.15 litri di gasolio/anno consumati per il trasporto di ogni bottiglia; 
* 30 bottiglie di plastica rilasciano nell’atmosfera: 40 g di idrocarburi,25 g di ossidi di zolfo, 18 g di monossido di carbonio, 2/3 Kg di anidride carbonica. 
Fonte: Luigi Bignami, La Repubblica 11/07/2007 
 
Quanto costa la materia prima all’industria delle minerali? 
 
Per le industrie dell’acqua i costi minori sono proprio quelli per la materia prima e sono solo 7 le regioni che prevedono un canone in base alla quantità’ d’acqua prelevata: Piemonte, Lombardia, Veneto, Umbria, Lazio, Basilicata e Sicilia. 
Il canone previsto varia tra 0.3 E./1.000 litri in Basilicata a 3 E./1.000 litri in Veneto; in tutte le regioni d’ italia le aziende pagano un affitto proporzionale alla superficie del permesso di ricerca della sorgente e del successivo sfruttamento. 
Tra le regioni in cui l’acqua e’ quasi gratis vi sono Toscana e Campania in cui vi sono, tra le altre, i marchi Panna, Ferrarelle, Uliveto, Lete. 
 
 
 
Da dove viene l’acqua che compri? 
 
San Pellegrino-Nestle’ Waters Italia: 
fatturato: 906 milioni di E.. (2008), 
imbottigliato: 2.75 miliardi di liri (2005), 
Marchi: Levissima – Sondrio, Vera – Padova, Vera Santa Rosalia – Agrigento, Claudia, San Pellegrino – Bergamo, Lora di Recoaro – Vicenza, Panna – Firenze, Pejo – Trento, San Bernardo – Cuneo. 
San Benedetto
fatturato: circa 600 milioni di E. (2005), 
imbottigliato: 2.15 miliardi di litri (2005), 
Marchi: San Benedetto ” Venezia, Guizza ” Venezia, Alpe Guizza Caudana – Biella, Acqua di Nepi – Viterbo, Primavera ” Pescara.
Cogedi International
Fatturato: n.d., 
imbottigliato: 800 miliardi di litri (2005), 
Marchi: Rocchetta ” Perugia, Brio Blu Rocchetta, Uliveto ” Pisa. 
Ferrarelle
Fatturato: 1290 milioni di E. (2006), 
imbottigliato: 834 milioni di litri (2006), 
Marchi: Ferrarelle ” Caserta, Boario ” Brescia, Natia ” Caserta, Sant’Agata ” Caserta, Vitasnella ” Brescia. 
Spumador
Fatturato: 140 milioni di E. (2005), 
imbottigliato: 750 milioni di litri (2006), 
Marchi: Fonte S. Antonio, Valverde ” Valsesia, Fonte S. Francesco ” Piemonte, San Carlo Spinone ” Bergamo. 
Fonti di Vinadio
fatturato: circa 120 milioni di E. (2006), 
imbottigliato: oltre 500 milioni di litri (2006), 
Marchi: S. Anna di Vinadio ” Cuneo. 
Societa’ generale delle Acque minerali
fatturato: 40.4 milioni di E. (2005), 
imbottigliato: 350 milioni di litri (2005), 
Marchi: Lete ” Caserta, Prata ” Caserta, Frizzarella ” Campania. 
Coca Cola- Fonti del Valture: 
fatturato: 40.4 milioni di E. (2005), 
imbottigliato: 350 milioni di litri (2005), 
Marchi: Lilia ” Potenza, Solaria ” Potenza, Sveva- Potenza, Vivien ” Potenza, Toka ” Potenza.
 
 

Questa invasione delle grandi imprese renderà sempre più difficile una politica pubblica delle risorse idriche e imporrà sempre di più un modello fondato sulla "petrolizzazione dell’acqua", cioè sulla dittatura del mercato anche sull’acqua. In questi ultimi anni si è parlato tanto di "fine delle ideologie" ma in realtà abbiamo assistito al trionfo del liberismo che è anch’esso un’ideologia. Sostenere che il mercato è il migliore, se non l’unico, meccanismo di regolazione, è una tesi dogmatica che semplifica la complessità del reale riducendo tutto alla dimensione economica. L’acqua non è un bene di cui si possa fare a meno, che si può scegliere di consumare o meno, ma un bene comune indispensabile per vivere.  

Ce n’è abbastanza per dire No. Rirendiamoci i nostri diritti.


2 Comments on “UN PRIVATO CHE FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI”

  1. 1 bet365 said at 9:14 am on Ottobre 29th, 2010:

    how are you!This was a really superb subject!
    I come from itlay, I was luck to discover your website in digg
    Also I obtain much in your subject really thanks very much i will come later

  2. 2 free forex signals said at 9:33 pm on Gennaio 23rd, 2011:

    Grazie per le informazioni di grande! Non avrei scoperto questo altrimenti!.